Coppie di fatto. Tutele e diritti.

I giovani di oggi (e non solo) non si sposano: è un dato di fatto.

Secondo le stime dell’Eurostat la media annuale dei matrimoni è di 4 ogni mille abitanti, indubbiamente pochi.
Ma, in compenso, sono aumentate le convivenze, soprattutto in età compresa tra i 25 e i 35 anni.

La convivenza, o la relazione di fatto è un’espressione utilizzata per descrivere la situazione di coppie che vivono insieme senza essere legalmente sposate.

L’evoluzione delle coppie di fatto implica una unione libera e l’esclusiva convivenza di due persone non legate dal vincolo matrimoniale.

Cercare le ragioni per cui si propende per la convivenza e non per il matrimonio, non ha molta importanza.

In ogni caso, posso pensare alla difficoltà a trovare un impiego, il costo elevato degli affitti, il desiderio di migliorare la propria formazione professionale. Questi, possono essere fattori indicativi di una riluttanza o di una procrastinazione ad assumere un impegno nel matrimonio.

E’ difficile trovare una ragione univoca: sono più propensa a leggere il fenomeno quale diretta conseguenza delle radicali trasformazioni sociali o del cambiamento dello stile di vita. Cambiamenti quasi repentini.

 

 

Nuova legge, nuovi diritti

 

 

Si pensi che soltanto fino a pochi anni fa la legge italiana riconosceva, disciplinava e tutelava unicamente la famiglia fondata sul matrimonio.

Nel 2016, però, con la Legge Cirinnà anche l’Italia, finalmente ha disciplinato diritti e doveri delle coppie di fatto, dandone una definizione nella quale viene valorizzato lo stabile legame affettivo che unisce due persone maggiorenni non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.

La convivenza di fatto viene attestata attraverso un’autocertificazione in carta libera, presentata al comune di residenza, nella quale i conviventi dichiarano di convivere allo stesso indirizzo.

La convivenza di fatto quando viene formalizzata in tale modo, pone in essere un nucleo familiare che è meritevole di tutela.

Nonostante siano passati sei anni dall’entrata in vigore della Legge Cirinnà, ad oggi, non solo sussistono ancora numerose lacune di tutela per i conviventi , ma ancora sono numerosi i dubbi e le perplessità degli italiani.

 

 

Il caso di Marco e Chiara

 

 

Perplessità molto sentite anche da Marco, mio cliente, convivente con Chiara da circa sei anni.

Andiamo con ordine.
Marco e Chiara vivono in una casa di proprietà di Marco.
Marco lavora in maniera stabile nell’azienda agricola di Chiara.

Hanno in comune un conto corrente e un dossier titoli.
Per le spese familiari attingono da questo conto corrente e contribuiscono all’incremento di tale conto in maniera “disordinata”.

Marco si dichiara tranquillo perché ritiene di aver “sistemato” la famiglia.

Ma è davvero così? E se gli accadesse qualcosa? E se accadesse qualcosa a Chiara

 

 

Il tema della successione

 

 

La prima cosa da evidenziare in tema di successioni è che il convivente non rientra tra gli eredi legittimari, ossia tra quelli ai quali la legge riserva una quota minima sul patrimonio del defunto.

Quindi Chiara non avrebbe diritto alla casa di residenza, ma avrebbe solo il diritto di utilizzare la casa di comune residenza per un certo periodo dopo la morte del proprietario.

Allo stesso modo Marco, non avrebbe alcun diritto sull’azienda di Chiara, se non quello di vedersi riconosciuta una partecipazione agli utili, ai beni con essi acquistati e agli incrementi dell’azienda in misura proporzionale al lavoro prestato, ma solo ed esclusivamente se Chiara è in vita.

L’evento infausto riguarda il conto corrente cointestato? Fatto salvo il 50%, il resto andrebbe in successione. E il convivente non è erede!

Allora Marco, come fai a stare tranquillo? Non sarebbe meglio pianificare e sistemare le cose prima che accadano disastri?

 

 

I sistemi di tutela e protezione

 

 

Ripeto, per la legge il convivente non eredita dal partner deceduto.
Il modo più semplice per proteggere il proprio convivente prospetticamente in vista del proprio decesso è, prima di tutto, il testamento.

Solo attraverso il testamento è possibile, secondo la legge italiana, disporre della cosiddetta quota disponibile a favore di una persona non erede.

Un altro strumento possibile è la polizza vita il cui capitale, al decesso di chi l’ha stipulata, va interamente al beneficiario designato, ma occorre prestare attenzione.

Ma volendo uscire dal tema della successione, come si può proteggere il proprio compagno/a?

Con i contratti di convivenza previsti dalla Legge Cirinnà.

Dal punto di vista patrimoniale, i conviventi di fatto potranno scegliere tra separazione e comunione dei beni, potranno indicare le previsioni circa la residenza della famiglia, le modalità con le quali ciascuna parte contribuisce alla stessa nonché le disposizioni da rispettare in caso di scioglimento della convivenza.

Disposizione questa alquanto strana dal momento che in Italia sono vietati i patti prematrimoniali.
Risulta quindi possibile per i conviventi decidere preventivamente sulla loro eventuale separazione, cosa paradossalmente non possibile per le coppie sposate.

Molti sono i temi e le relative riflessioni a riguardo, dal trattamento fiscale, alle conseguenze in caso di nascita di un figlio.

In ogni caso, Marco, potrai essere tranquillo, ma prima parliamone!