Investimento immobiliare. Costi e opportunità.

 

L’investimento immobiliare è da sempre, agli occhi degli italiani, considerato sicuro e viene catalogato, nella cartella degli investimenti, alla sezione “beni rifugio”.
Investire nel mattone è qualcosa che storicamente piace agli italiani, tanto è vero che nel nostro Paese oltre il 70% della popolazione è proprietaria di casa.

Se di investimento si tratta, al pari di tutti gli altri investimenti, occorre tenere sempre presente il concetto di costo-opportunità.

Gli “amanti del mattone”, spesso, non considerano l’impiego alternativo del capitale e il possibile rendimento, focalizzandosi solo sulla eventuale rendita che deriverebbe dalla locazione dell’immobile oggetto dell’investimento.

 

Gli immobili da “investimento”: i costi

 

In questo articolo, metterò in evidenza quei costi che sono propri degli immobili “da investimento”, quindi, non la prima casa, che rimane sempre “oggetto del desiderio”.

Il primo costo da considerare quando si compra un immobile è quello legato alla transazione. Oltre al costo/prezzo dell’immobile bisogna aggiungere:

  • L’IVA se si acquista da un’impresa un immobile in costruzione o ristrutturazione che è pari al 10% del prezzo pattuito (se si tratta di seconda casa); se l’acquisto riguarda immobili appartenenti a categorie catastali quali A/1, A/8, A/9, l’IVA è del 22%. All’IVA occorre aggiungere l’imposta di registro, catastale e ipotecaria, fissate a 200 euro ciascuna.
  • Se l’acquisto avviene tra privati (esente IVA), occorre considerare: l’imposta di registro proporzionale, nella misura del 9% con un minimo di 1000 euro; l’imposta ipotecaria e catastale nella misura di 50 euro ciascuna.

Per le cessioni di immobili a uso abitativo (e relative pertinenze), in presenza di determinate condizioni e di specifici requisiti soggettivi e oggettivi, la legge prevede un particolare meccanismo per determinare la base imponibile delle imposte di registro, ipotecaria e catastale: il sistema del “prezzo-valore”.

Dall’applicazione di questo criterio, introdotto nel 2006, derivano significativi benefici per chi acquista una casa. La sua finalità, infatti, è quella di assicurare, da un lato, trasparenza nelle compravendite immobiliari e, dall’altro, equità del relativo prelievo fiscale.

Infatti, il prezzo-valore consente la tassazione del trasferimento degli immobili sulla base del loro valore catastale, indipendentemente dal corrispettivo pattuito e indicato nell’atto.

Inoltre, questo sistema implica anche una rilevante tutela per l’acquirente, in quanto limita il potere di accertamento di valore da parte dell’Agenzia delle Entrate.

 

Il sistema del prezzo-valore: quando si applica?

 

La regola del prezzo-valore si applica alle vendite assoggettate all’imposta di registro in misura proporzionale (quindi sono escluse quelle soggette a Iva) in cui l’acquirente sia una persona fisica (che non agisce nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali).

Quindi, questo meccanismo è utilizzabile, oltre che in tutte le compravendite in cui entrambe le parti sono “privati”, anche nelle cessioni fatte a persone fisiche da parte di venditori non soggetti Iva (associazioni, fondazioni e simili) e in quelle fatte, sempre a persone fisiche, da società o imprese in regime di esenzione Iva.

Il sistema del prezzo-valore si applica in generale alle vendite di immobili a uso abitativo e relative pertinenze.

Vale, quindi, anche per gli acquisti di abitazioni (e relative pertinenze) in assenza dei benefici “prima casa”.

Per l’applicazione del prezzo-valore è necessario una specifica richiesta dell’acquirente resa al notaio nell’atto di acquisto.
La richiesta non può essere contenuta in un successivo atto integrativo.

 

L’imposta di registro

 

Il valore catastale dei fabbricati a uso abitativo (diversi dalla “prima casa”) si determina moltiplicando la rendita catastale (rivalutata del 5%) per il coefficiente 120.

Valore catastale = Rendita catastale x 1,05 x 120

Supponiamo che una casa, che ha una rendita catastale di 900 euro, venga acquistata a 200.000 euro.

Con l’applicazione della regola del prezzo-valore, la base imponibile su cui applicare l’imposta di registro del 9% è pari a: 900 x 1,05 x 120 = 113.400 euro.

Pertanto, l’imposta di registro dovuta sarà di 10.206 euro (113.400 x 9%).

Senza l’applicazione della regola del prezzo-valore, l’imposta dovrebbe essere calcolata sul valore pattuito (200.000 euro) e sarebbe di 18.000 euro (200.000 x 9%).
A questi costi va aggiunta la parcella del notaio.

La transazione è conclusa.

 

I costi da sostenere per locare un immobile.

 

Supponiamo ora di mettere a rendita l’immobile. Supponiamo anche che l’immobile non necessiti di alcuna ristrutturazione (altri costi eventualmente da aggiungere).

 

Quali oneri?

 

  • La registrazione del contratto di locazione prevede l’imposta di registro che è pari al 2% del canone annuo. Questa spesa si divide tra proprietario e inquilino, mentre l’imposta di bollo è a carico del solo proprietario;
  • Il canone di locazione è un reddito soggetto a tassazione. Il proprietario ha due scelte in proposito. Può scegliere di assoggettare questo reddito a tassazione ordinaria Irpef (23%) oppure optare per la cedolare secca. In questo caso l’imposta sostitutiva si calcola applicando un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti.
Quando si applica l’aliquota ridotta

 

E’ prevista un’aliquota ridotta al 10% per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate:

  • Nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, comma 1, lettere a) e b) del decreto legge 551/1988).
    Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi, nonché degli altri comuni capoluogo di provincia.
  • Nei comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Cipe.
I costi di TARI e IMU

 

Essere proprietari di un immobile comporta il calcolo dei tributi di natura patrimoniale. Parliamo di TARI e IMU che dal 2020 incorpora anche la TASI.

La Tari è a carico degli affittuari, ma potrebbe ricadere sui proprietari per i periodi di locazione vacante (quando l’immobile è sfitto).

L’IMU è a carico del proprietario e si calcola applicando l’aliquota dello 0,86% del valore catastale dell’immobile.

L’incidenza dei costi a fronte di un investimento immobiliare è notevole e, non ho voluto considerare gli oneri cosiddetti “variabili” (es. le coperture assicurative, gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, il rischio connesso al mancato incasso degli affitti e le spese legali per eventuali contenziosi).

Risulta evidente che l’investimento immobiliare non è qualcosa da affrontare a cuor leggero, ma come per qualsiasi altro “asset” di portafoglio, occorre valutare attentamente rischi e benefici.

Quindi alla domanda “Conviene investire nel mattone?” risponderò sempre “Dipende!”

Valutiamo insieme questa possibilità.