Il periodo storico nel quale le Banche Centrali devono muoversi, non è affatto facile.
È difficile mantenere un equilibrio tra i diversi obiettivi di politica monetaria.
Se da un lato vi è la necessità di stabilizzare i prezzi per contenere l’inflazione, dall’altra bisogna mantenere stabili i mercati finanziari, perché gli aumenti repentini dei tassi di interesse e il prosciugamento della moneta in circolazione possono determinare crisi di liquidità o di liquidabilità di asset.
Ed è proprio quello che è accaduto alla Silicon Valley Bank.
Un colosso di riferimento per le startup tecnologiche
La SVB è la sedicesima banca americana per dimensione, con 209 miliardi di attivi e 175,4 miliardi di depositi.
La notizia del suo fallimento è stata un fulmine a ciel sereno per i mercati, perché ha riportato alla memoria la crisi del 2008.
Vediamo nel concreto cosa è successo.
La Silicon Valley Bank fu fondata nel 1983 in California, affermandosi negli anni come punto di riferimento per le startup tecnologiche della Silicon Valley.
Solo un anno e mezzo fa aveva una valutazione di oltre 44 miliardi di dollari.
Nel 2021 gestiva circa la metà di tutti i fondi impiegati per finanziare le startup, con una crescita che aveva attratto numerosi investitori, interessati ad avere una banca specializzata in investimenti nel settore tecnologico.
Perché il crack?
SVB impiegava il denaro depositato dai propri clienti in obbligazioni.
Per effetto del rialzo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve nella lotta all’inflazione, il controvalore di questi investimenti in bond si è ridotto.
Ma non è stato solo questo il vero problema.
Il rallentamento dell’economia e i minori investimenti in aziende tecnologiche della Silicon Valley ha fatto sì che il flusso di nuovi depositi si sia progressivamente ridotto, mentre iniziavano a circolare le voci sui rischi di solvibilità della banca, al punto che sempre più clienti hanno scelto di ritirare i propri fondi.
La situazione è peggiorata lo scorso 8 marzo, quando SVB Financial Group, uno dei rami della banca, ha annunciato la vendita di tutto il portafoglio di titoli “available for sale” per 21 miliardi di dollari, prevedendo una perdita di circa 1,8 miliardi, contro un utile netto per l’intero 2022 di 1,5 miliardi.
Nonostante l’annuncio di un incremento di capitale da 1,25 miliardi di dollari e altre manovre effettuate per raccogliere nuova liquidità, la paura di clienti e investitori ha determinato una nuova ondata di prelievi da parte dei correntisti.
Da qui si è giunti, in poco tempo, a quello che di fatto è il maggiore fallimento bancario dal crack di Washington Mutual del 2008.
Pesanti le ripercussioni sul settore bancario
Il collasso di SVB si è fatto sentire su tutto il settore bancario.
La principale vittima dell’effetto contagio è stata Signature Bank, che era già nell’occhio del ciclone per chiusura delle attività da parte di Silvergate Capital, società specializzata nel mondo nelle criptovalute.
Anche nel resto del mondo si cominciano a fare i conti con il fallimento della Svb.
In Gran Bretagna la Bank of England ha annunciato la procedura di insolvenza per la filiale britannica della Silicon Valley Bank.
La controllata ha una presenza limitata nel Regno Unito, e non rappresenta un problema sistemico nel sistema finanziario del Paese.
Così precisato la banca centrale inglese.
Secondo la procedura di insolvenza britannica, i depositi fino a 85.000 sterline (e fino a 170.000 sterline nel caso di conti congiunti) saranno restituiti ai clienti.
La notizia di stamattina è che la filiale britannica di Svb è stata acquisita da HSBC già questa mattina.
Cosa stanno facendo le istituzioni per tutelare i titolari dei depositi?
Il 12 Marzo il Board della Federal Reserve, insieme al segretario al Tesoro Janet Yellen, ha annunciato azioni per proteggere e garantire tutti i depositi dei clienti di Silicon Valley Bank e di Signature Bank.
Nella dichiarazione congiunta a firma del Dipartimento del Tesoro statunitense, della Federal Reserve e del Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) è stato comunicato che le istituzioni stanno “intraprendendo azioni decisive per proteggere l’economia statunitense” e per rafforzare la fiducia del pubblico nel sistema bancario.
Nella nota si legge inoltre che “i depositanti avranno accesso a tutto il loro denaro a partire da lunedì 13 marzo” e che “nessuna perdita” associata alla risoluzione della Silicon Valley Bank e della Signature Bank “sarà a carico dei contribuenti”.
Il Governo USA metterà a disposizione ulteriori finanziamenti in favore di altre istituzioni in crisi e un nuovo programma di supporto (Bank Term Funding Program) consentirà alle banche di costituire titoli di Stato come garanzia in cambio di prestiti dalla Banca Centrale della durata massima di un anno.
Mercati in tilt
Come era da aspettarsi la notizia del fallimento ha mandato in tilt i mercati.
Infatti, sia le banche americane che quelle europee, hanno registrato cali significativi.
I mercati non temono il fallimento in sé quanto il messaggio che, a livello mondiale, si percepisce.
Dinamiche analoghe a quelle che hanno messo in ginocchio la Svb, infatti, potrebbero improvvisamente travolgere anche altri istituti di credito.
È necessario sottolineare che, nonostante la giornata difficile a Piazza Affari appare improbabile che, le svalutazioni registrate nei bond nei portafogli delle principali banche europee, si traducano in impatti significativi sui bilanci.
Questo perché, come sostiene Moody’s, gli istituti non si troveranno in condizione di dover vendere titoli in perdita.
Tanto da definire la riduzione del valore “per la maggior parte delle grandi banche europee temporanee e moderate”.
Sono Anita Taiani, consulente finanziaria e aiuto le persone a gestire serenamente ed efficacemente il proprio patrimonio finanziario attraverso il mio metodo “Finanza Zen”. Se sei interessato a una consulenza, contattami al numero +39 3332748377, anche su WhatsApp.