“Sono ancora giovane, la pensione può aspettare”

Non conto più le volte che ho sentito questa frase.

Questa è sicuramente una delle convinzioni più diffuse e radicate, ma anche la più sbagliata con cui tocca quotidianamente confrontarmi.

La bassa consapevolezza del futuro previdenziale trova riscontro, in Italia, nella percentuale più alta di Europa, di chi non risparmia per la previdenza che è pari, in Italia , al 53% contro una media europea del 43%.

Eppure, solo un mese fa , il Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in parole molto semplici ha detto:

“la previdenza obbligatoria, così come è costruita e in questo contesto sociale, non è in grado di svolgere il ruolo che ha avuto fino a qualche anno fa: quello di assicurare a tutti dei livelli di vita dignitosi.”

 

Alcuni concetti fondamentali

 

L’Inps gestisce la quasi totalità della previdenza italiana, assicurando la maggior parte dei lavoratori autonomi e dei dipendenti del settore pubblico e privato.

Le entrate dell’istituto sono rappresentate in gran parte dai contributi obbligatori versati da lavoratori e aziende, finalizzate a costituire le prestazioni previdenziali versate dall’ente ai pensionati e non solo; infatti, servono a coprire anche altri capitoli di spesa, come cassa integrazione, pensioni di reversibilità ed altre prestazioni assistenziali.

Affinché tale sistema funzioni occorre che siano rispettate alcune condizioni.

La prima è che la forza lavoro sia in continua e costante crescita e che quindi il sistema economico funzioni bene, con livelli di occupazione e produttività elevati.

La seconda è che ci siano prospettive di crescita della popolazione stessa (trend demografico positivo).

 

La previdenza italiana

 

Tutto questo in Italia non esiste.

Le aspettative poco incoraggianti sul PIL italiano e il generale allungamento della vita media con la diminuzione delle nascite fa si che la spesa pensionistica in Italia è la seconda più alta nei Paesi OCSE, dietro solo alla Grecia.

Da qui la preoccupazione che traspare dalle parole del presidente Tridico.

Se è vero che è impossibile assicurare a tutti una vita dignitosa nella terza età, questa incapacità produce effetti drammatici sulle fasce di lavoratori più deboli: giovani, donne e cittadini stranieri.

I giovani perché il mondo del lavoro sta cambiando molto velocemente, con carriere lavorative sempre più flessibili e di conseguenza con contributi sempre più frammentati.

Le donne che continuano ad avere carriere discontinue: a loro resta il carico e la cura della famiglia, ed i redditi percepiti restano comunque inferiori a quelli percepiti dai colleghi uomini.

I cittadini stranieri, che dovrebbero bilanciare il trend negativo demografico che non consente l’equilibrio del sistema previdenziale italiano, fanno fatica ad entrare in Italia, e comunque, spesso sono mal pagati o peggio, irregolari.

La situazione si tinge di colori foschi e nel futuro non sono previste migliorie di alcun tipo.

 

Un salvadanaio consapevole

 

Sarebbe logico, in tale contesto, pensare a costruire un “salvadanaio consapevole”, che può essere rappresentato dal fondo pensione.

Aderire alla previdenza complementare e, soprattutto, farlo da giovani, consentirà di arginare almeno in parte l’insidia di non vivere in quiescenza in maniera dignitosa.

Il percorso appare tortuoso.

Storicamente nel nostro Paese i lavoratori non hanno mai avuto la preoccupazione di non ricevere la pensione alla fine dell’attività lavorativa.

La posizione contributiva, almeno fino a qualche anno fa, era cosa non nota e poco era l’interesse al riguardo.

Ma il mondo è totalmente cambiato, e il nostro approccio deve cambiare con esso.

L’Inps sta provando a far capire che la pensione non è come noi ce l’aspettiamo.

Dapprima arrivava la famosa “busta arancione”; adesso sono presenti, sul sito dell’ente, simulatori di pensione futura che dovrebbero far prendere coscienza dell’esiguità della pensione obbligatoria.

 

Educazione finanziaria e previdenziale

 

E’ importante mettere in campo azioni di educazione finanziaria prima e di educazione previdenziale poi, soprattutto fra i giovani che pensano alla pensione con diffidenza non consapevoli del tempo che hanno a disposizione per il risparmio previdenziale.

Diventa fondamentale, all’interno della pianificazione finanziaria, l’aspetto dedicato alla pianificazione previdenziale.

Un’accurata pianificazione in tal senso permette di contenere le eventuali fragilità economiche (es. famiglie monoreddito, minori garanzie del welfare pubblico), e di conseguire obiettivi di medio/lungo termine per se stessi e per la propria famiglia (es. mantenimento del tenore di vita, studio dei figli, acquisto casa).

 

Quali sono le fasi di una corretta pianificazione previdenziale?

 

Individuazione delle fonti e dell’ammontare dei redditi che derivano dall’attività lavorativa e dal patrimonio complessivo;

Quantificazione delle entrate e delle uscite attuali, per poter comprendere quale è il tenore di vita della persona presa in considerazione e della sua famiglia;

Valutazione delle esigenze reddituali future del soggetto e del suo nucleo familiare:

Determinazione del gap previdenziale inteso come la differenza tra la prima rata di rendita pensionistica e l’ultima retribuzione percepita dal lavoratore;

Scelta delle risorse e degli strumenti da utilizzare per attivare la soluzione previdenziale più opportuna.

 

L’importanza della pianificazione previdenziale

 

E’ evidente che la pianificazione previdenziale è un processo molto complesso che assume una importanza speciale per due ordini di ragioni.

In primo luogo, quello previdenziale è un tema universale, che riguarda tutti coloro che entrano nel mondo del lavoro.

Pianificare il proprio futuro per disporre di risorse adeguate per fronteggiare l’ultima fase del ciclo di vita rappresenta una questione di grande importanza economica, che solo scelte consapevoli e informate possono rendere pienamente effettive.

La seconda ragione che rende la pianificazione complessa attiene alla distanza temporale tra il momento in cui la scelta è compiuta e momento in cui la stessa scelta manifesta gli effetti: tale distanza è solitamente ampia.

E a fronte di queste distanze temporali ampie, è forte la tentazione a rimandare, cioè a scegliere di non scegliere.

Il compito del consulente è proprio quello di educare alle scelte, perché aiuta a combattere la tentazione a procrastinare, che, nell’ambito delle scelte previdenziali, può avere effetti anche molto negativi sul benessere della persona, proprio nell’ultima fase del ciclo di vita.