Violenza economica. Come combatterla?

 

L’incontro con Maria mi ha turbato molto.

Una splendida donna di 40 anni, moglie di un imprenditore, casalinga – a suo dire – per scelta.
Ex modella, si è occupata di moda fino alla nascita delle sue bellissime bambine.

Le bambine sono diventate ragazze, e tutta la malinconia di un lavoro lasciato quasi per caso viene fuori.

 

L’abitudine alla rinuncia

 

La motivazione, per lei ovvia, è che accudire le figlie e gestire la casa era prioritario, dal momento che il marito provvedeva a tutto.

A me non sembra ovvio.

Vedere le lacrime affiorare, mi fa capire che questa scelta non è stata condivisa, ma indotta.

Parliamo di un vestito stretto e scomodo indossato solo per quieto vivere, senza valutare adeguatamente le conseguenze future.

È brutto dirlo, ma di queste situazioni ne vedo tante.

E’ un fenomeno poco conosciuto e difficile da quantificare, che però coinvolge numerose donne con conseguenze gravi per tutta la comunità.

Una forma di violenza subdola che condiziona e guida la vita della partner, alla quale è stato dato un nome: violenza economica.

La violenza economica viene elencata tra le forme di violenza nei confronti delle donne, all’art. 3 della Convenzione di Istanbul, che il Consiglio d’Europa ha approvato nel 2011 per combattere la violenza di genere, primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sul tema.

 

Definizione di violenza economica

 

L’art. 3 definisce la violenza nei confronti delle donne come:

una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata.”

A proposito della violenza domestica si afferma che:

“tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.”

In particolare, l’art.12 della Convenzione prevede il dovere di:

“adottare le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini.”  

 

Campanelli d’allarme da non sottovalutare

 

Il più delle volte avviene dentro le mura domestiche, quando alle donne è di fatto negata la possibilità di contribuire, con le stesse opportunità riservate all’uomo, all’economia familiare, e di essere economicamente indipendenti.

Questo accade tutte le volte in cui è l’uomo a lavorare per sostenere le spese della famiglia.

La donna si occupa in modo esclusivo della casa e dei figli, rinunciando in tutto o in parte al lavoro, o ancora occupandosi da sola dei doveri del “doppio lavoro casalingo”.

Quando viene eroso il patrimonio della moglie/compagna, senza darle l’opportunità di lavorare o studiare.

Quando il patrimonio è gestito da un terzo

Se la donna deve chiedere il “permesso” per usufruire delle risorse della famiglia.

Nel momento in cui la donna deve giustificare o rendicontare le spese senza essere messa a conoscenza del reddito familiare.

 

Altri esempi di violenza economica

 

La violenza economica avviene anche quando l’uomo ostacola o boicotta il lavoro della compagna e non le riconosce il proprio lavoro in casa.

Quando le viene chiesto di sottoscrivere mutui e finanziamenti o di fare da prestanome per le attività economiche del marito.

Ma la violenza economica si manifesta, spesso, anche quando la donna decide di separarsi dal compagno e quest’ultimo mette in atto una serie di strategie per mettere in difficoltà la donna.

Il mancato riconoscimento dell’assegno di mantenimento, del rispetto del diritto di visita, la mancata assistenza dei figli nel quotidiano.

In questo modo, le donne vittime di violenza hanno serie difficoltà a mantenere un lavoro, ad accudire i figli in maniera adeguata, spesso si ritrovano anche con i debiti del marito da dover onorare.

 

Le 4 fasi dell’escalation: non sempre sappiamo riconoscerle

 

La cosa triste è che raramente la violenza economica viene riconosciuta dalle donne che la subiscono.

Entra in gioco sia il retaggio culturale che vede associare la figura femminile all’accudimento di casa e figli, sia la convinzione che si tratti una situazione assolutamente “normale”.

Si possono individuare 4 fasi che conducono all’escalation della violenza.

La prima fase è molto frequente.

La vittima è solo apparentemente coinvolta nella gestione dell’economia familiare, monopolizzata nella sostanza dal partner attraverso, ad esempio, la gestione esclusiva del conto corrente bancario e delle scelte di investimento non condivise.

La seconda fase si esplica nel controllo delle risorse e del loro utilizzo.

Alla vittima viene riconosciuto un compenso periodico del quale deve fornire rendiconti dettagliati di spesa.

La terza fase riguarda la violenza economica attuata attraverso la privazione delle risorse economiche.

Viene stabilito un compenso esclusivamente per le spese della famiglia (anche in misura insufficiente), negando la possibilità di pagare cure mediche, medicine o altre necessità primarie.

Viene negato di disporre di un bancomat o di una carta di credito.

La quarta fase si riferisce alla violenza economica praticata attraverso la privazione e l’appropriazione indebita delle risorse economiche.

Il partner dilapida il patrimonio familiare ad insaputa della vittima.

Si obbliga la vittima a fare da prestanome o sottoscrivere ipoteche, prestiti o fideiussioni.

Svuota il conto corrente in previsione della separazione.

 

La violenza economica per la legge italiana

 

La violenza economica non è considerata un reato autonomo in Italia, ma è comunque inquadrabile tanto dal punto di vista civilistico, quanto dal punto di vista penale.

Ai casi di violenza economica si possono applicare gli ordini di protezione contro gli abusi familiari ai sensi dell’art.342 bis e dell’art. 342 ter del codice civile.

Tali ordini sono provvedimenti che il giudice adotta con decreto per ordinare la cessazione della condotta del coniuge o di altro convivente che sia “causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente.”

La violenza economica non necessariamente si accompagna alla violenza fisica, ma è sempre abbinata alla violenza psicologica.

La vittima, perdendo la sua indipendenza economica, sviluppa una una relazione di dipendenza che la porta inevitabilmente a perdere fiducia in se stessa e nelle proprie capacità.

 

L’educazione finanziaria come strumento di prevenzione

 

In questa situazione in cui le donne risultano deboli e vulnerabili, i percorsi di educazione finanziaria potrebbero essere un valido strumento per prevenire o per combattere la violenza economica.

Alla base di tutto, avere la consapevolezza dei propri diritti, delle proprie capacità e di quanto sia importante avere una propria indipendenza economica.

Ecco perché formazione ed informazione possono aiutare a prendere decisioni consapevoli.

Sviluppare e proteggere la propria autonomia economica, ad esempio, aprendo un conto corrente individuale a proprio nome dove versare le proprie entrate.

Ed è proprio ciò che sta facendo Maria, che ha capito l’importanza della sua indipendenza finanziaria, assumendosi la responsabilità di seguire un “percorso” di consapevolezza finanziaria sotto la guida di un consulente esperto.